lunedì 12 ottobre 2009
Una precisazione fondamentale
Grazie Giorgia del tuo contributo. Per risponderti, voglio prima di tutto chiarire una cosa importantissima, fondamentale direi: responsabilità non significa colpa. Di fronte a un risultato negativo, a un insuccesso o anche a un licenziamento o all'abbandono da parte del nostro partner, per prima cosa è importantissimo non giudicarsi e non giudicare gli altri e non identificare la responsabilità con la colpa. So che è difficile poiché siamo stati abituati nel corso della nostra infanzia, educazione e durante le esperienze della vita ad associare responsabilità e colpa. Ma lo scopo ultimo del processo che ci porta a prendere la responsabilità e ad attuare tutti i possibili cambiamenti desiderati è proprio quello di restituire a noi stessi il sacrosanto diritto all'Innocenza. Noi siamo innocenti. Sbagliamo, possiamo correggere e siamo innocenti. Il lavoro sull'innocenza lo vedremo più avanti quando parleremo di perdono: perdono a noi stessi, agli altri, a Dio. Ma vediamo prima come posso attivare il processo per comprendere qual è la mia responsabilità di fronte a un risultato negativo. Vi rimando al prossimo post con la risposta alla domanda precedente, che era: ma se i pensieri negativi che creano risultati negativi sono inconsci, come faccio a esserne cosciente?
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Cara Marina, quando mio marito mi ha lasciata dopo 18 anni di matrimonio ho provato tante cose diverse e non ho capito ancora come sia possibile prendere la responsabilità. Che cosa significa? Prima di tutto mi sono sentita in colpa: avevo fallito, cosa avevo fatto di male per far succedere questo, che cosa c'era in me che non andava bene, perché questa cosa era capitata proprio a me? Mi sentivo perseguitata e distrutta. E' vero che non ci capivo ninte e più rimuginavo in questo senso e più sprofondavo nel buio totale. Poi ho colpevolizzato lui: il tradimento, l'egoismo, il non aver mai detto prima che cosa non anadava bene, il non avermi mai fatto capire che cosa non funzionava, se ne stava sulle sue non condivideva, non diceva, ma si allontanava piano piano. Insomma sfuggiva, non c'era ma questo era il suo modo di essere. Solo che alla fine ha rotto un progetto che avevamo insieme e l'ho odiato, accusato di avermi rovinato la vita e rotto i miei sogni. Poi ho cercato di capirlo: chissà perché lo ha fatto, ha sicuramente dei blocchi e dei problemi che non vuole vedere, dovrebbe guardarsi dentro e non vuole farlo, ecco perché è scappato. Per rimanere avrebbe dovuto fare un percorso di crescita che non ha voluto fare. Probbilmente sta troppo male, ha dei grossi problemi ecc.... E cercavo di capire perché lo aveva fatto. Nessuna di queste tre strade mi ha dato dei risultati. Solo il tempo mi ha aiutata, un percorso di terapia in cui mi è soprattutto servito parlarne e chiarire il valore di me stessa. Ma non capisco qual è la strada che può portarmi alla responsabilità? C'entra con quello che ho già fatto o è un'altra cosa? Dove mi porta e che vantaggi mi offre?
RispondiEliminaCara Donatella, mi permetto di condividere la mia opinione perchè mi sono molto riconosciuta nelle tue parole e nella tua esperienza.
RispondiEliminaTu hai percorso alcune delle strade "tipiche" della fine di una relazione:
il senso di colpa e la messa in discussione di te, la colpa e la messa in discussione dell'altro, il bisogno di razionalizzare tutto, comprendere, giustificare.
Io credo che la fine di una relazione possa dipendere da molte cose, che includono anche la piena responsabilità di entrambe le persone coinvolte. Ma non solo. In termini evolutivi due persone si incontrano e si riconoscono, fanno un percorso insieme, condividono e si amano. Poi la relazione finisce. Perchè? E' colpa tua? O sua? Di chi è la colpa? Io credo non si debba parlare di colpa. La relazione finisce perchè è tempo per entrambe di procedere nel proprio cammino, portando con sè quello che la relazione ha insegnato. Tutto qui.
E' facile? Assolutamente no. Però io penso che le relazioni non devono mai diventare delle gabbie. Il "problema" secondo me non è tanto che le storie finiscono ma tutta l'inconsapevolezza che sopravvive alla relazione.
Tu e lui avete condiviso tanto. E' stato bello. Ora non è più, ma tu ci sei ancora. Però rimaniamo tutti attaccati a quella storia, perchè probabilmente non era una storia solo tra noi e l'altro ma tra tanti altri archetipi della nostra anima (il padre, la madre, l'amante, Dio).
Hai fatto tanto lavoro su di te, da quel che scrivi. Tutto è servito.
Va già tutto bene. E' perfetto quello che hai fatto.
Ora ti interessa percorrere la strada che ti porterà alla responsabilità?
Io credo che responsabilità significhi perdono. Non dai più la colpa a lui, nè a te. Semplicemente fluisci, vai avanti e ti prendi cura di te, rimani in contatto con i tuoi bisogni, desideri, paure. Ringrazi la relazione con lui per tutto quello che ti ha insegnato e ti liberi, e lo liberi.
Donatella tu scrivi:
RispondiElimina"Solo che alla fine ha rotto un progetto che avevamo insieme e l'ho odiato, accusato di avermi rovinato la vita e rotto i miei sogni"
Nessuno può rovinarti la vita o rompere i tuoi sogni, se TU non glielo permetti.
Questo è il senso, per me, di responsabilità.
Tu sei responsabile di te, di quello che permetti che gli altri ti facciano. La tua vita non appartiene a nessuno, nè a tua madre nè ad un uomo.
Nel caso in cui gli altri facciano qualcosa di male, responsabilità, per me, significa chiederti perchè permetti questo e cercare dentro di te i modi per diventare più solida, integra, forte da non permettere mai più che gli altri "ti rovinino la vita e ti rompino i sogni".